“E’ una parte della miseria dell’uomo il non poter conoscere se non qualcosa di ciò che è stato anche nel suo piccolo mondo: ed è una parte della sua Nobiltà e della sua Forza il poter congetturare al di là di quello che può sapere”.
(Alessandro Manzoni)
“Il presente, come una nota musicale, sarebbe nulla se non appartenesse a ciò che è passato ed a ciò che ha da venire”.
(William Savage poeta inglese del 1700)
Cito queste due frasi per sintetizzare le motivazioni culturali che hanno stimolato l’Associazione Il Rivolo a farsi promotrice della memoria del nostro passato legato alle vicende della famiglia Veneziana dei Corniani, che per quasi tre secoli (le prime notizie di loro proprietà nel nostro territorio sono della fine del ‘500) ha posseduto case e terreni nel nostro paese.
La casa domenicale o villa padronale fu costruita verso la fine del ‘600 con un oratorio dedicato a S. Bernardino da Siena, offerto da Bernardino Corniani Vescovo di Pola, ed era circondata da un vasto giardino all’italiana, da orti, il tutto cinto da un muro. Nel secolo scorso per la decadenza economica della famiglia, la villa ed i terreni adiacenti furono venduti alla famiglia Cosmo. Ma la demolizione è legata ad un avvenimento luttuoso: il 15 Marzo 1901 scoppiò un grande incendio nella fattoria che distrusse la villa e le adiacenze, un bambino di cinque anni ed una bambina di quattro vi trovarono una tragica fine.
La chiesetta di San Bernardino, risparmiata dal fuoco, venne demolita nel 1935. L’altare fu venduto alla Parrocchia di Stigliano dove si trova tutt’ora; altre pietre della Chiesa, già conservate in canonica sono state ora inserite nel monumento dell’area residenziale Villaggio Corniani.
Il presidente de “Il Rivolo”
Dott. Luigino Maccatrozzo
Interessanti informazioni sulla presenza dei Corniani sono conservate nell’archivio parrocchiale di Rio, consultato da Il Rivolo in una precedente ricerca sulla scuola elementare, mentre per una panoramica generale citiamo il libro “Ca’ Corniani di Sant’Alberto” a cura di Alberto Golin.
Alcuni discendenti di una famiglia Corniani, provenienti da Brescia o da Bergamo, si stabilirono a Venezia forse nella seconda metà del ‘400.
Questa famiglia abitava alle Mercerie di S. Salvador dove possedeva due farmacie. Nel 1550 morì Giovita Corniani “spezier” (=farmacista) e fu sepolto nella Chiesa di S. Salvatore. L’altra professione tradizionale dei Corniani era l’avvocatura. (Vedi la genealogia della famiglia Corniani)
I Corniani che più interessano a noi, che avevano delle proprietà nel Trevigiano, possono essere messi in relazione con la famiglia degli avvocati Corniani, ma originariamente si chiamavano in realtà Fedeli, come si può dedurre dalla domanda che Rocco Fedeli-Corniani fece nel 1649 per ottenere la Cittadinanza Originaria di Venezia. Essi acquisirono il cognome Corniani attraverso la nonna Vittoria Corniani, moglie di Cristoforo Fedeli e madre di Rocco. I Cittadini Originari, nella scala sociale veneziana, venivano immediatamente dopo i Nobili. Essi dovevano essere discendenti di Cittadini Veneziani da almeno due generazioni, e possedere una condizione sociale onorevole, vale a dire che né essi né i loro padri potevano aver esercitato una professione “meccanica”.
Nella richiesta tra l’altro dichiarava: ”…che Bernardino, Gio. Giacomo, Gio.Battista, Cristoforo, Marc’Antonio, Lauro et Gio.Francesco sono figli legitimi et naturali et di legitimo matrimonio procreati da me Rocco sopradetto et son nati in questa Città, eccetto Gio.Giacomo che nacque in Villa di Rio S.Martino, Territorio Trevisano, ove m’ero ritirato con la fameglia per occasione della peste…”.
La peste è quella del 1631. Nell’archivio parrocchiale tra i battesimi del 1631 Don Giovanni Maria Vecchini (parroco dal 1622) annotava “Adì 11 Giugno 1631 Gio. Giacobo figliuolo dell’Ecc.mo Sig. Rocco Fedelli Corniani e dell Sig.ra Vittoria … sua leg.ma moglie fu batt.to da me.” (Vedi la copia del registro dei battesimi). Prima di don G.M. Vecchini fu parroco dal 1609 al 1622 Don Giuseppe Priuli, congiunto del Doge Antonio Priuli; nonostante non vi siano documenti a questo proposito, possiamo ipotizzare che la presenza di famiglie veneziane di primo piano in villa di Rio San Martino fosse consolidata già da qualche decennio.
Gio.Giacomo sarà un personaggio importante e influente nella Repubblica di Venezia “entrato nella Cancelleria ducale il 19 luglio 1649 come notaio straordinario, il Corniani svolse il consueto periodo di apprendistato in Maggior Consiglio e in Senato; ma già nel febbraio 1652 gli venne affidato un primo incarico di rilievo, con la sua nomina a segretario dell’ambasciatore in Spagna Giacomo Querini…
Nel settembre 1662 fu promosso segretario del Senato. L’anno seguente fu trasferito a Milano come rappresentante diplomatico della Repubblica di Venezia…
Rimpatriato, continuò a lavorare in Senato. Ritornato all’attività diplomatica con una breve missione a Firenze, tenne infine per tre volte la residenza di Napoli fra il 1689 ed il 1707, anno della sua morte.”
Nell’immagine a sinistra una mappa catastale del 1841, dove è chiaramente riconoscibile la villa Corniani con il giardino all’italiana; a destra la stessa carta sovrapposta a una fotografia aerea attuale (clicca sull’immagine per ingrandire).
A Rio San Martino i Corniani avevano proprietà fin dalla fine del ‘500. In un documento del 1768 legato a un contenzioso tra “Don Vincenzo Tomi (Tomè?), come attual piovano et Chiesa della Villa di Rio San Martino, contro Gio Giacomo Corniani e Maria Fratelli Corniani Marc’Antonio – Cittadini Veneti” sono elencati i beni posseduti dal 1583 al 1626: casoni, case, cortivo, terre soggetti ad un livello annuo a favore della parrocchia. (Vedi il documento)
Oltre a questi, contavano su possedimenti a Sant’Alberto (comune di Zero Branco), Monfumo, Carmignano di Brenta, in Istria: nel 1740, Marc’Antonio Corniani dichiarava, anche a nome del fratello Pier’Antonio Arcidiacono della Cattedrale di Padova, di possedere in totale 500 campi circa.
Non sono stati rinvenuti documenti relativi alla costruzione del complesso residenziale, ma si parla dell’oratorio di villa Corniani già nel 1672 quando Monsignor Bernardino Corniani vescovo di Pola trasferì il diritto di patronato (il privilegio legale riconosciuto ai fondatori di chiese o benefici e ai suoi eredi) della chiesetta di S. Girolamo per dotare di un “…Benefizio semplice di Juspatronato Laicale nella Chiesa di San Bernardino di Rio San Martino, diocesi di Treviso…” La chiesetta di San Girolamo era costruita su uno scoglio in mezzo all’Adriatico non lontano dalle coste dell’Istria; la congregazione del Beato Girolamo di Fiesole venne soppressa nel 1668 da papa Clemente IX e le rendite di quel monastero, in parte poste sotto la diocesi di Pola e in parte sotto la Rovigna Diocesi di Parenzo, furono messe all’asta e acquistate per circa 500 scudi romani dai Corniani.
Con la caduta della Serenissima, inizia anche il declino dei Corniani.
Il 27 luglio 1813, i signori Lauro, Lauro marc’Antonio e Lauro Bernardin fratelli Corniani del fu Marino vendono i loro beni di Friola di pozzo e Carmignano di Brenta (Vicenza) a Benedetto Mozzini di Bassano, per pagare i “debiti affligenti il patrimonio famigliare Corniani e aventi titolo anteriore a quello della Dote della Nobil Donna Paolina Semitecolo, moglie del Nobile Ser Conte Lauro Corniani” (che aveva sposato nel 1799).
Probabilmente, la Signora Semitecolo non aveva voluto essere immischiata negli affari dei fratelli Corniani alle prese con un pesante siutazione di indebitamento, derivante forse da un’operazione economica iniziata addirittura nel 1775 proprio a Sant’Alberto.
“…Fratanto starà in mora nelle mani di esso Ill.mo Corniani la suddetta somma di Ducati 3.500, doverà corrispondere a detto Ill.mo Radael il pro (=interesse) in ragione del tre per cento l’anno… Oltre il prezzo come sopra convenuto, sarà debito di detto Ill. Sig. Corniani comprator il di soddisfare la sopra indicata mansionaria, come pure pagare l’annuali gravezze (=tasse) di Venezia, Treviso e tutti gli altri pubblici e privati aggravi a suo intiero comodo e incomodo…”
Probabilmente, col passare degli anni, le tasse da pagare al fisco, gli interessi passivi ed altre spese si accumularono sui 3.500 Ducati della compravendita, per cui ad un certo momento i debiti aumentarono enormemente.
Il 5 marzo 1807, 15 giorni prima di morire, Gio Giacomo Corniani scrive nel suo Testamento: “…Voglio essere sepolto nella chiesa di S. Angelo mia Parocchia, nell’Area di famiglia ove giacciono le ossa dei miei Maggiori…. Esaminata la mia Facoltà consistente in molteplici effetti diversi, esistenti nella mia Casa di Venezia, nel mio Luogo in Villa S. Alberto, Territorio Trevisano, nell’altro nella Villa di San Martino detto territorio e nell’altro in Villa di Carmignano Territorio di Vicenza, e tutti di mia particolare ragione (= proprietà), perché da me acquistati e comprati e comprati col mi particolare peculio, ed oltre a ciò tutti li miei particolari aquisti in beni in Beni o in me pervenuti per certificate disposizioni a mio benefizio, come pure per la metà dei Beni della Famiglia a me spettanti anche in forza delle Divisioni amichevoli seguite con li miei Signori Nepoti e per qualunque altro motivo e titolo a me pervenuti. Intendo e voglio che tutti essi Beni…. Et obbligati al pagamento delli debiti, niuno eccettuato,dovuti incontrare da me per le passate vicende…”
Non si è trovata traccia della vendita da parte degli eredi Corniani dei beni posseduti a Rio San Martino, sicuramente successiva al 1815 perché esiste una ricevuta attestante la riscossione da parte della Parrocchia del livello ”…sopra campo…nella Comune di Scorzè Sezione di Rio S. Martino del Colmel Sermaza.” proprietari Corniani Marco e Fratelli. (Vedi il documento)
Nella mappa catastale del 1874 la villa e i terreni circostanti sono indicati come proprietà della famiglia Cosmo (Giuseppe, Anna, Maria, Luigia, Pietro, Giovanna e Giovanni fu Francesco proprietari e Pamio Eva usufruttuaria di una parte) come risulta nel progetto di sistemazione della strada delle Pagote, che collegava le attuali via Bigolo e via Gallese passando a confine del giardino e della Villa.
Tutto il complesso architettonico dei Corniani con casa Dominicale, casa colonica ed adiacenze, eccetto l’Oratorio, venne demolito in seguito ad un incendio divampato il 15 marzo 1901, in cui morirono due bambini di 4 e 5 anni, come annotò il parroco Don Gio Battista Vivian 2 giorni dopo: “Terribile dictu e visu… il 15 indetto rimasero bruciati e sfigurati sotto immane incendio ed oggi i loro corpi furono seppelliti in questo cimitero”. Secondo i ricordi tramandati oralmente dagli anziani, l’incendio era stato causato dagli stessi bambini: imitando una tecnica utilizzata dagli adulti, osservavano (“spieravano”) alla luce di una candela le uova di una covata per selezionare quelle da mantenere a covo.
L’Oratorio di San Bernardino fu invece demolito verso il 1935 il cui Altare è stato trasferito a Stigliano, ceduto dal Parroco di Rio Don Cesare Augusto Caon al Parroco della frazione di Santa Maria di Sala che stava trasformando un laboratorio di lavorazione del tabacco in Chiesa Parrocchiale.
Curiosamente nelle mappe catastali attuali compare ancora una costruzione nel luogo dove sorgeva l’oratorio; le frecce indicano il percorso della strada delle Pagote oggi non più esistente, della quale rimane traccia nel fosso coperto con l’urbanizzazione dell’area peep del 1999, denominata appunto Villaggio Corniani a ricordare la storia del luogo (progetto a cura dello Studio Arco).
Della casa dominicale non rimane che uno stemma in pietra, attualmente si trova in una casa di via Onaro. Nell’immagine all’inizio, la riproduzione in ferro battuto dello scudo con l’aquila bicipite e il corno da caccia, realizzato dai due artisti locali Luigi Cervesato e Maria Assunta Flaminio.
Non ci sono immagini che permettano di ricostruire l’aspetto del complesso di Rio San Martino, è però ipotizzabile che lo stile fosse simile alla villa che i Corniani costruirono a Monfumo (Treviso) all’inizio del XVIII secolo (foto dello Studio Arco - febbraio 1999).