Il Rivolo

Associazione culturale a Rio San Martino di Scorzé
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La parrocchiale di San Martino

Riportiamo integralmente la ricerca storica svolta da Durighetto nell’aprile del 1993, pubblicata nell’opuscolo del restauro della pala di Sante Peranda

In occasione del restauro della pala, a cura del laboratorio dell’architetto Vanni Tiozzo, si coglie qui l’occasione per delineare un quadro d’insieme delle principali vicende storiche ed artistiche, riguardanti la parrocchiale di Rio San Martino. Essa è intitolata a S. Martino, vescovo di Tours, considerato “martello degli eretici”.

Nato nell’alta Pannonia (ora Ungheria) attorno al 316 d.C., il santo che era figlio di un ufficiale romano, si arruolò giovanissimo nella cavalleria imperiale. Ben presto decise di lasciare l’esercito in seguito ad un incontro che segnò in modo radicale la sua vita. Nel corso di una ronda in una cittadina della Gallia, incontrò un povero seminudo e subito, afferrata la spada, tagliò in due la clamide, dandone la metà allo sventurato. La notte seguente, gli apparve il Cristo che, coperto dalla metà del mantello, lo invitò a farsi battezzare. Recatosi in Gallia, per diventare discepolo di S. Ilario di Poitiers Martino condusse vita eremitica nell’isola Gallinara (Alassio) e poi, su consiglio di Ilario, fondò a Ligugè il primo monastero di tutto l’Occidente. Nel 373 venne scelto come vescovo di Tours. Iniziò da allora la sua opera episcopale che si distinse per lo zelo ardente nella lotta contro gli eretici che turbavano la pace religiosa, e per il suo spirito di carità e di apostolato.

Morì attorno al 397 d.C. Considerato il grande pioniere del monachesimo occidentale, prima di S.Benedetto, la sua tomba a Tours fu subito visitata da folle di pellegrini che contribuirono a diffonderne la venerazione anche in Italia.

Non è un caso che decine e decine di comuni italiani portino il suo nome, e tra questi la parrocchiale di Rio S.Martino.

Le prime notizie storiche del paese risalgono a dopo il mille. Nel 1152 l’attuale frazione di Scorzè viene nominata nella bolla papale di Papa Eugenio III, come dipendente dalla pieve matrice di Zero che comprendeva “Sanbughé, Rio S.Martino e Santo Alberto le quali nel sabato santo venerano la loro veneranda madre”.

In pratica, questo voleva dire che la parrocchiale di Zero era la “chiesa matrice” di tutti i centri religiosi del relativo contado, in cui era concentrata la pienezza della vita parrocchiale e sacramentale: era l’unica dotata del fonte battesimale e ad essa faceva capo la distribuzione, ad opera del Vescovo, dei sacri oli per l’unzione degli infermi.

Nel 1177, Rio S.Martino, che prende il nome da un rivolo “rio”, che scorreva nel territorio, viene nominato come feudo indipendente dei vescovi di Treviso, di cui sembra fosse investito il nobile casato dei Bonaparte che vi aveva vaste proprietà.

Il 20 aprile 1512 viene consacrata la chiesa, dedicata appunto a S. Martino, vescovo di Tours. Pochi anni dopo, nel 1560, D. Vettor da Pozzo risulta Rettore della chiesa di Rio San Martino, segno che la parrocchiale si era resa indipendente dalla matrice di Zero Branco. Nel corso della visita pastorale Corner (7- 8 aprile 1575) si esige severamente “l’anagrafe perchè non isfuggissero i non comunicanti” (C. Agnoletti, Treviso e le sue Pievi, parte prima, Treviso 1897, pag. 864). Inoltre, si invita a vigilare perchè non si verificassero più risse ed omicidi, che non dovevano poi esser così rari, stando alle fonti. Viene poi steso un inventario degli arredi liturgici, quanto mai interessante. Si fa menzione di una “croce d’ argento dorato con il piede di rame, con da una banda un crocefisso d’argento e altre quattro figure in rilievo; dall altra S. Martino con altre quattro figure”, di un gonfalone con “figure della Visitazione e di S. Martino”, inoltre, di un “ tabernacolo antico con coppa rotonda e in la parte de sopra una crocetta; in lo pede i smalti tutti d’argento, tutto in do parti”. La croce d’ argento a cui si fa riferimento è del 1627 ed è stata restaurata nel 1917.

Nel 1680, viene nominato parroco della chiesa di Rio San Martino don Orfeo Aproino che rinuncerà al beneficio nel mese di luglio dell’anno 1734. Stando a quanto scrive, in particolare, l’Agnoletti, si distinse “per dottrina, prediche, rosario, litanie alle quali mansioni e devozioni attendeva, e per opere di misericordia” (C. Agnoletti, op. cit., pag. 865). Abbiamo qui la presentazione di un modello di sacerdote, rispondente appieno ai canoni della pastorale post-tridentina. Don Orfeo Aproino risulta un parroco zelante e fedele, che si prende cura anzitutto della formazione morale e spirituale del popolo cristiano, invitato a dare testimonianza di pietà e devozione, oltre che di carità. Nel corso del ‘700 la parrocchiale subisce un primo radicale rifacimento.

All’inizio del secolo scorso Giovanni Carlo Bevilacqua, un pittore veneziano, vissuto fra il 1775 ed il 1849, esegue per Rio San Martino tutta una serie di opere, alcune delle quali sono tuttora in loco. Nelle sue “Memorie” l’artista, che è uno dei nomi più significativi della pittura veneta della prima metà dell’800, le registra tutte minuziosamente. Nel 1811, dipinge nella volta del soffitto della chiesa, “l’Apoteosi del titolare S. Martino con la Trinità nell’alto, e una infinita schiera di angeli, parte portanti il santo al cielo, ed altri festosi suonanti varie sorte d’istrumenti”. Si tratta di un saggio di gusto accademico che dimostra tuttavia il profondo legame con la tradizione settecentesca veneta, in particolare quella tiepolesca. Inoltre, dipinge “in una grande medaglia sopra la porta d’ingresso a chiaro oscuro, Davide che suona l’arpa dinnanzi a Saul” e il ritratto ad olio dell’allora parroco, don Bernardo Revera.

Di questo primo gruppo solo il ritratto del parroco è andato perduto. Nel 1818, esegue una tela, anch’essa purtroppo dispersa, raffigurante la Vergine del Rosario con Gesù Bambino, San Domenico, San Vincenzo e vari angeli. Dal “ Registro della Pia Fabbrica della Chiesa di Rio San Martino”, risulta che il quadro era stato pagato lire 600. Nello stesso anno, esegue ad affresco per la tribuna del coro il tondo con le tre virtù teologali, la Fede, la Speranza e la Carità e un monocromo, raffigurante il sactificio di Abramo. Questi quadri sono andati distrutti nel 1953, durante il restauro e l’ampliamento della parrocchiale. Nel 1820, il Bevilacqua esegue una pala, firmata e datata, rappresentante: ”S.Giuseppe col Bambino Gesù, S. Filippo Neri, S. Antonio da Padova e S. Biagio vescovo, di grandezze naturali”. Si tratta di un tipico quadro di gusto purista, che risalta per l’equilibrio compositivo e la compatezza cristallina dei volumi. Dal Registro della Fabbriceria della parrocchiale di S. Martino veniamo asapere che la tela venne pagata la considerevole cifra di lire 900.

Proseguendo in questo rapido escursus, ricordiamo che nel 1840 si provvede all’erezione della facciata e nel 1862 alla posa del pavimento “di marmo bianco e rosso” (Fapanni). Negli stessi anni, si procede alla costruzione del campanile, cominciato nel 1846 e terminato nel 1856. Nel 1897 con £. 12.000 si provvede alla costruzione della canonica, anche attraverso l’utilizzo dei materiali derivanti dall’abbattimento della precedente (la trave principale, anch’essa riutilizzata, portava la scritta “riparata nel 1664”).

Nel nostro secolo la parrocchiale di Rio San Martino ha subito tutta una serie di ampliamenti. In particolare, negli anni ‘50, per opera di Don Cesare Caon, è stato ingrandito il transetto su disegno dell’architetto Vettorazzo, ed è stato fatto ex novo il tabernacolo. Infine, ricordiamo che, fra il 1950 e il ‘52 il pittore prof. Soligo ha eseguito gli affreschi del presbiterio (Santi trevigiani nel catino absidale e l’Assunta nel transetto).

A chiusura di queste brevi note storico-artistiche sulla parrocchiale di Rio San Martino, ricordiamo che la comunità cristiana è all’origine di ogni produzione artistica correlata con il culto e ne è la prima custode. Essa dunque è chiamata a incarnare nell’oggi la fede dei padri che si è espressa anche nella dimensione artistica.

R. Durighetto